Sociologia del Diritto (Jan 2025)

Tra stratificazione sociale e razzializzazione

  • Monica Raiteri

DOI
https://doi.org/10.54103/1972-5760/27870
Journal volume & issue
Vol. 51, no. 2

Abstract

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La qualità del cibo è oggi considerata un dispositivo normativo funzionale alla declinazione di un particolare concetto di sicurezza, quella alimentare. Lo strumento utilizzato, tipico dei modelli regolativi, è l’adesione ai disciplinari, che fa corrispondere la “qualità” ad uno standard di produzione o di provenienza territoriale che è, a sua volta, esito del funzionamento di dinamiche di potere e di lobbying tipicamente operanti nelle sedi delle istituzioni europee, come testimoniano i processi decisionali relativi al riconoscimento delle certificazioni (DOP, IGP, ecc.). L’origine dell’idea del cibo “perfetto”, corrispondente ad uno standard, che svolge al contempo una funzione che può risultare inclusiva delle classi sociali, come mostra per esempio la rilevanza dell’alimentazione nei processi educativi, o, viceversa, escludente, risale all’Inghilterra vittoriana: un’epoca in cui la costruzione dell’impianto normativo della qualità degli alimenti, strumento individuato come idoneo a risolvere le numerose questioni legate all’insicurezza alimentare, per lo più ereditate dal secolo precedente, si colloca sullo sfondo di importanti questioni sociopolitiche. Il saggio prende le mosse dall’ambiguità del rapporto tra sanzioni amministrative e apparati di controllo di carattere “privato” nel contesto del modello regolativo contemporaneo per giungere ad indagare, a partire dalle sue origini, un uso “politico” del cibo inteso come dispositivo normativo, che mette in discussione sia il sistema di stratificazione sociale tipico della società vittoriana, come mostra il caso della diffusione dei cibi esotici nell’alimentazione inglese, sia il tema mainstream del rapporto tra povertà e cattiva qualità degli alimenti, come mostra il dibattito sulla sofisticazione dei prodotti alimentari.

Keywords