M@GM@ (Apr 2018)
Lettere dagli stalag: pensieri, sentimenti, emozioni che si fanno storia
Abstract
Parlare di lettere nell’era di Internet potrebbe sembrare anacronistico. Oggi la comunicazione è immediata, avviene in tempo reale. La tecnologia offre mezzi per poter veicolare informazioni nell’hic et nunc. Carta, penna e calamaio comportano un ricordo nostalgico del passato. Eppure le lettere consentivano di trasmettere meglio il proprio stato d’animo, le proprie emozioni. Alle lettere si dedicava tempo per scriverle, leggerle, rileggerle, evocando ricordi e rinnovando sentimenti. Era possibile scorrere con gli occhi tra le righe per cogliervi non solo il suono e il senso delle parole, ma anche lo stato d’animo di chi le scriveva. Oggi, abituati ad un aggiornamento continuo delle cronache dall’Italia e dal mondo, potrebbe sembrare impensabile l’idea di vedere nella lettera l’unica fonte di informazione per dare e ricevere notizie, trovandosi in un paese straniero. Eppure questo è quanto accaduto ai militari italiani internati nel Terzo Reich. Tra il 1943 ed il 1945 si è assistito, infatti, ad una fitta corrispondenza tra l’Italia e la Germania. Tra i documenti d’archivio dell’Anrp sono emerse centinaia di lettere inviate dai campi di internamento e conseguenti risposte dei familiari. Speranze, notizie, preghiere, poche righe affidate ad una busta indirizzata ad una famiglia tanto lontana quanto moralmente vicina e fonte di forza interiore per andare avanti. Nel loro insieme le lettere costituiscono una fonte di informazioni, una raccolta di «frammenti», rappresentano uno spaccato delle vicende storiche dalla voce dei diretti protagonisti, ma sono anche lo specchio della società italiana dell’epoca, riflesso di un’Italia controversa, provata dalla guerra, dalla debole struttura economica e sociale. Per quanto fossero sottoposte a censura, tra le righe è nascosto un vissuto. Dalle storie personali emerge il duro trattamento rivolto agli IMI, costretti non ad una, ma a tante resistenze: resistenza alla fame, al freddo, ai soprusi, alle umiliazioni. Minati nel corpo e nell’anima, ma non nella dignità di Italiani, in tanti hanno resistito fino alla liberazione nella primavera del 1945. Rievocare diventa un dovere per imparare dal passato, perché si mantenga vivo e non vada perduto il ricordo del sacrificio di tanti giovani, che avevano nutrito la loro adolescenza di entusiasmi e certezze, allevati all’obbedienza al Duce, alla devozione al Re, all’amore incondizionato per la Patria, a quei valori di famiglia e di fede oggi sempre più messi in ombra. Il presente lavoro mira a dar voce a coloro i cui nomi non compaiono e non compariranno mai sui libri di storia, ma che inconsapevolmente sono diventati i diretti protagonisti di uno dei periodi più bui della storia italiana. La grande storia è fatta anche di piccoli eroismi quotidiani. L’attenzione non è riposta sugli aspetti storici o militari della vicenda degli IMI, ma si focalizza su quelli psicosociali, guardando oltre le divise e i gradi militari per far affiorare la dimensione umana ed emozionale.