Acta Otorhinolaryngologica Italica (Apr 2017)

Salivary biomarkers and proteomics: future diagnostic and clinical utilities

  • M. Castagnola,
  • E. Scarano,
  • G.C. Passali,
  • I. Messana,
  • T. Cabras,
  • F. Iavarone,
  • G. Di Cintio,
  • A. Fiorita,
  • E. De Corso,
  • G. Paludetti

DOI
https://doi.org/10.14639/0392-100X-1598
Journal volume & issue
Vol. 37, no. 2
pp. 94 – 101

Abstract

Read online

Lo studio della proteomica salivare, test economico e non invasivo, rappresenta una fonte di numerose informazioni, ed è utile per la diagnosi di svariate malattie. Da quando siamo entrati nell’era della tecnologia genomica e delle scienze “omiche”, la raccolta di campioni salivari è aumentata esponenzialmente. Recenti piattaforme proteomiche hanno analizzato il proteoma salivare umano, caratterizzando circa 3000 peptidi e proteine, espressi in maniera differente: più del 90% in peso deriva dalla secrezione delle tre ghiandole salivari maggiori, mentre la restante parte proviene dalle ghiandole salivari minori, dal fluido crevicolare gengivale, da essudati mucosi e dalla microflora orale. L’obiettivo principale dell’analisi proteomica è discriminare tra condizioni fisiologiche e patologiche. Ad oggi, tuttavia, non esiste un preciso protocollo che permetta di analizzare l’intero proteoma salivare, pertanto sono state realizzate svariate strategie. Innanzitutto, è possibile distinguere due tipologie di piattaforme proteomiche: l’approccio “top-down” prevede l’analisi delle proteine sotto esame come entità intatte; nell’approccio “bottom-up” la caratterizzazione della proteina avviene mediante lo studio dei peptidi ottenuti dopo digestione enzimatica (con tripsina tipicamente). A causa di questa eterogeneità, per una stessa patologia sono stati proposti differenti biomarkers. Il proteoma salivare è stato caratterizzato in numerose malattie: carcinoma squamoso e leucoplachie orali, malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD) cronica, sindrome di Sjögren e altri disordini autoimmuni come la sindrome SAPHO (sinovite, acne, pustolosi, iperostosi e osteite), schizofrenia e disordine bipolare, malattie genetiche come la sindrome di Down o la malattia di Wilson. In conclusione, i risultati delle ricerche riportate in questa review suggeriscono che nel prossimo futuro la saliva diverrà un fluido di indubbia rilevanza diagnostica utile per fini clinici, sia diagnostici, sia prognostici.