Linguistica (Dec 1972)

Carducci e il linguaggio poetico tradizionale

  • Ivan Klajn

DOI
https://doi.org/10.4312/linguistica.12.1.107-123
Journal volume & issue
Vol. 12, no. 1

Abstract

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È indubbio che Giosue Carducci si trova a una svolta nello sviluppo del linguaggio poetico italiano. Prima di lui, alla conclusione del regno più che quadrisecolare della lingua petrarchesco-bembiana, i primi romantici avevano proclamato la necessità di rinnovare, fra l'altro, anche illinguaggio della poesia. Ma il peso della tradizione era troppo grande perché essi, con le loro modeste personalità poetiche, potessero attuiue un vero sovvertimento. Il Berchet adoperò qualche parola non ammessa nel lessico poetico più tradizionalista, ma il fondo del suo linguaggio rimase decisamente aulico, con speme, desire, pièta, veglio, assiso, diè, sieno, fea, mancâr, seguio, rimanmi, nosco, il difende, ei preferse e simili anticaglie. Nel Prati, gli elementi nuovi stonano ancora di più contro lo sfondo tradizionale; l'Aleardi, poi, «segna un netto ritorno alla tradizionne”. La generazione successiva al Carducci, invece, è dominata dal Pascoli, nella cui poesia non rimangono che rare tracce degli arcaismi creditati. Anche per ragioni cronologiche, quindi, calcolando una specie di media aritmetica, potremmo aspettarci di trovare nella lingua del maremmano una uguale mescolanza del vecchio e del nuovo.

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