Studii si Cercetari Filologice: Seria Limbi Straine Aplicate (Jan 2020)

Cibarsi di parole: il cibo come medium di affrancamento in Virginia Woolf, Grazia Deledda e Karen Blixen

  • Eleonora Camilli

Journal volume & issue
no. 18
pp. 176 – 181

Abstract

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Il presente contributo pone l’attenzione sulla scrittura autobiografica di tre autrici, Virginia Woolf, Grazia Deledda e Karen Blixen, che hanno fatto del cibo – concreto o di parole – un’occasione di riflessione sulla condizione femminile. A partire da Woolf, la quale mette a confronto i pranzi serviti in un college maschile e femminile per denunciare l’esclusione delle donne dai luoghi del sapere, si procede attraverso un excursus che invale sino al posto che le stesse occupano – o meglio non occupano - nell’ambito del sacrificio cruento. Proseguendo per spunti comparatistici, l’analogia tra raccontare e cucinare trova riscontro nell’esperienza di Deledda, la quale, mentre assisteva alla preparazione dei piatti tipici della Sardegna, lavorava la pasta della scrittura. Come chi sogni un “paese di Cuccagna” al di là del mare, la piccola Grazia riuscì a inviare i suoi scritti nel “Continente” e a ottenere il successo fra il grande pubblico, attraverso il ricavato ottenuto dalla vendita del vino e dell’olio che sottraeva alla cantina di famiglia. In modo non dissimile, Blixen, attraverso la figura di Babette nell’omonimo Pranzo, avvalora un’arte - seppur bianca – e con essa il canto di tutte le donne che hanno dato voce alla propria creatività. Da questa angolatura, il cibo, che nell’immaginario collettivo è sempre stato connesso a ruoli casalinghi e quindi femminili, diviene medium di emancipazione e di espressione della propria artisticità.

Keywords