lo Squaderno (Jun 2011)
Coltivare il margine. Defiant gardens e campi di transito
Abstract
L’immigrazione ebraica dall’Europa verso la Palestina iniziò a prendere forma sin dalla fine dell’Ottocento con la diffusione del sionismo politico, quando ancora non esisteva lo Stato d’Israele, e culminò nell’esodo dei sopravvissuti al secondo conflitto mondiale in cerca di un approdo finalmente sicuro. Le comunità ebraiche insediate in paesi come l’Iraq, lo Yemen, la Siria, l’Egitto, fino ad arrivare al Marocco, passando per la Libia, la Tunisia e l’Algeria, vantavano una presenza millenaria nell’area nordafricana e mediorientale. Il sionismo era avvertito per lo più come un’espressione culturale e politica europea, estranea e confliggente con l’impegno che, a diverso titolo, molti ebrei stavano dando alla modernizzazione dei loro paesi, come ad esempio nel caso dell’Iraq, auspicando per essi una effettiva liberazione dai domini coloniali. La decisione di emigrare in Palestina rimaneva una scelta individuale e piuttosto limitata.