M@GM@ (Jul 2011)

Quando il tempo del lavoro finisce: cronache dal lavoro

  • Augusto Debernardi

Journal volume & issue
Vol. 09, no. 02

Abstract

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La mia sociologia è clinica, ha lo sguardo clinico, lo sguardo che si infila nelle pieghe dove si può osservare il malato sociale e il normale sociale. Malattia e normalità nel sociale sono equipollenti. La mia sociologia è il mio racconto che nasce dal sangue del mio cuore e dal sangue del cuore di colui o di colei o di coloro che osservo. È il racconto che vuole emozionare, commuovere, far riflettere, fermare un microsecondo il lettoreumanità muovendosi fra l’analisi, la passione, l’epica del cambiamento possibile. Ciò che sono sta lì nelle mille scintille dell’universo umano che osservo e che si riflettono nella struttura policroma del pensiero e dei suoi rimandi ad altri. Sono stufo dell’eterna e sterile liturgia dell’oggettività di una para-natura. Che solo lei sappia nutrire i pensieri e fondare il canone che rende infecondo il pensare con la generazione di pensieri che non osano perché inautentici e dunque disonesti. Non ci si può cristallizzare fra numeri e numeretti - che poi mica tanto sono conosciuti – ma val la pena emozionare. L’emozione domina l’occhio e fa aprire il pensiero e lo rigenera e il sangue ritorna al cuore. Così dico, comunico, comunichiamo con gli Altri e la natura è strumento. La mia sociologia nasce dal cuore e a esso ritorna. Se riesco attrarre è tutto. Il resto è mestizia e malinconia. Qualcuno dirà che non è sociologia ma malinconia. Io dico che è sociologia che osa.

Keywords