Festival dell'Architettura Magazine (Oct 2016)
Lo stato delle cose e la nostra formazione / The state of things and our training
Abstract
È possibile applicare strategie di scomposizione formale al patrimonio figurativo lasciato in eredità dalla generazione dei Canella, Rossi, Aymonino, Semerani e compagni? O meglio, non è forse l’unica strada percorribile, una volta ammesso che le condizioni storiche e dialettiche in cui quelle architetture e i loro autori operavano non possono essere ripristinate? E anche, siamo sicuri che certe figure, prelevate dal loro ambito naturale e rimesse in circolazione, non conservino ancora qualcosa del significato originario? E per quanto? Dunque, è solo attraverso il tradimento “storico” di quel mondo che oggi è possibile liberare le valenze formali e semantiche, che invece, per loro natura, godono di molte vite. Forse, per chi ha amato certe forme, l’unico lavoro da fare. / Is it possible to apply strategies of formal decomposition to the figurative patrimony left in heritage by the generation of Canella, Rossi, Aymonino, Semerani and companions? Or better, isn’t it the only way accessible, after acknowledging that the historical and dialectical conditions in which those architectures and their authors took place can’t be repeated? And even, are we sure that certain figures, taken away from their natural environment and reput in circulation, still don’t preserve something of their original meaning? And how much? Therefore, it’s only by the “historical” betrayal of their world that today it’s possible to release the formal and semantic values, that instead, for their nature, benefit of several lives. Maybe, for does who loved certain forms, it’s the only work to do.
Keywords