Testo & Senso (Nov 2007)
…de lui faire synagogue
Abstract
Jacques Derrida non si è « spento ». Risplende. Risplende nel presente, perché con lui è sempre ora per il dono. Egli vigila, fa da sentinella, lascia a noi un tesoro di opere da rimettere in opera con ogni lettura. Jacques Derrida non ha mai smesso di dare: la propria parola, il proprio tempo, la propria presenza, i propri seminari, i propri libri, le proprie lingue francesi... Ogni incontro, nel clima di polemica di quegli anni (a Heidelberg nel 1988, su Heidegger, con Gadamer e LacoueLabarthe; nel 1985 alla Queen’s UniversityOntario) diede luogo ad una assunzione di responsabilità intellettuale ed etica: dall’amore della traduzione giusta (rispetto del proprio idioma, della propria tradizione e accoglienza a quelli dell’altro) all’umanissimo dovere di ospitalità nei confronti dell’altro, dello straniero, dell’esiliato, della lingua dell’altro, di colui che arriva, di ciò che di nuovo arriva, o deve ancora arrivare... Fra tutte quelle profonde lezioni sull’umana condizione, dalla Politica all’amicizia, sulla Democrazia da venire, sulla morte che la sua scrittura cercava, testo dopo testo, di accettare e di circuire, insegnò a fare sinagoga. A fare sinagoga con la sua opera. « Sinagoga », cioè raggruppamento, parlamento: « una sinagoga, è quel luogo che dice o ordina di recarsi insieme, il luogo dove si va e dove ci si incontra con gli altri, lo spazio verso cui si dirigono i passi e dove si cammina uno accanto all’altro »[1]. Ormai, Jacques Derrida apre tutta la strada. Il lavoro è immenso. Egli incede, ci precede. Lui e noi insieme: è ora, sia ora di sinagoga. [1] Jacques Derrida, Le lieu dit : Strasbourg, in Penser à Strasbourg (collettivo), Paris, Galilée / Ville de Strasbourg, 2004, p. 3435.