M@GM@ (Aug 2017)

Anima: un rompicapo per le scienze sociali? Il contributo di Pareto

  • Roberta Iannone

Journal volume & issue
Vol. 15, no. 01

Abstract

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È noto che per Pareto la scienza non è una pura e semplice riproduzione dei fenomeni che osserviamo esteriormente (Pareto non è un mero “positivista”) e che non deve occuparsi tanto delle azioni logico-sperimentali, ma soprattutto di quelle non logiche, essendo esse la maggioranza, quelle meno conosciute, quelle più dissimulate e sfigurate (perché forte, come sappiamo, è la tendenza degli esseri umani ad ingannarsi, vittime come sono dell'istinto umano alle razionalizzazioni). È vero, dunque, che la scienza (con il suo metodo, il suo oggetto e la sua tensione ideale) deve essere logico-sperimentale, ma questo non significa chiudere gli occhi di fronte a ciò che logico e sperimentale non è. Anzi. Tutto lo sforzo del Trattato di sociologia generale (V. Pareto, 1916, 1964), come noto, consiste semmai, nel capire e spiegare, in maniera logica e scientifica tutta quella infrastruttura di sentimenti, istinti, impulsi e creatività (D. Padua, 2009) che è alla base delle azioni non logiche. È questo il problema fondamentale affrontato nell’opera, lo snodo principale dei suoi studi, ma è anche, a mio avviso, ciò che più può aiutare a spiegare scientificamente il concetto di anima (e ciò al di là di quanto Pareto abbia o meno utilizzato espressamente questa categoria concettuale nelle sue opere). In che senso, dunque, la sociologia di Pareto può contribuire a spiegare scientificamente il concetto di anima? E qual è il vantaggio di questa operazione? A che serve dire che la sociologia di Pareto aiuti nella spiegazione del concetto di anima?

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