Laboratoire Italien (Feb 2010)

«Esperienza» e «qualità dei tempi» nel linguaggio cancelleresco e in Machiavelli (con un’appendice di dispacci inediti di vari cancellieri e tre scritti di governo del Segretario fiorentino)EsperienzaLa «qualità de’ tempi»Considerazioni finaliAppendice 1: Dispacci di vari cancellieri (anni 1497-1503)Domenica passata andai a visitare monsignore Aschanio, el quale si sta al giardino per pigliare aria, perché è stato molto attenuato delle forze: et maxime è impedito nelle braccia, delle quali per anchora si può pocho aiutare. La sua reverendissima Signoria mi dette gratissima audientia, et havendoli io affermato quanto le Signorie vostre facevano tucto il fondamento et capitale ad beneficio delle cose loro nella excellentia del Signore duca et nella Signoria sua, per essere questa amicitia naturalissima et durata lunghissimo tempo con la città nostra – dalla quale benivolentia se erano hinc inde veduti moltissimi fructi alla conservatione de’ comuni stati –, pregai la sua reverendissima Signoria che circa le cose nostre volessi pigliare el patrocinio delle Signorie vostre, come haveva facto et come era la fede et speranza che tucta la città haveva in epsa; extendendomi intorno a questi effecti con quelle più grate et efficaci parole che mi fu possibile. La sua Signoria reverendissima mi rispose con parole molto amorevoli et dischorrendo molto saviamente si ingegnò persuadere con molte vive ragioni che nella excellentia del duca et nella sua Signoria per alcuno accidente che fusse intervenuto mai si era spento o diminuito lo amore el quale la casa sforzescha haveva portato alla città nostra. Et benché fussino successe alcune cose le quali havessino potuto dare qualche ombra alle Signorie vostre del contrario, non erano causate da mala intentione ma dalla colpa de’ tempi et dalli travagli delle cose di Italia: perché nelli stati maximamente è necessario in servire temporibus; et che la excellentia del duca poteva rendere di sé buono conto che tucte le actioni sue erono sempre state intrinsecus coniuncte con lo amore || che ha havuto continuamente in verso le Signorie vostre: il che manifestamente si comprobava per le opere presenti cum sit che hora li tempi haveano cominciato a variare et a mutare le conditioni: onde la sua illustrissima Signoria poteva più liberamente procurare quello cognosceva appartenersi al debito della nostra mutua benivolentia, la quale meritava più presto il nome di coniunctione. Et che essendoli el duca in luogho di padre per reverentia, benché fratello secundum carnem, sua reverendissima Signoria, etiam quando fusse d’altra volontà, è necessitata seguire in ogni cosa le sue vestigie; ma circa el beneficio delle Signorie vostre et circa el favorire le cose loro cacciava per natura et non credeva che altri lo superassi per affectione; et che, rischontrandosi la buona dispositione del duca con la sua, le Signorie vostre potevano essere certissime che né per l’uno né per l’altro si mancherebbe in alcuna cosa la quale cognoscessi^no^ potere cedere a benificio della città: chiamando in testimonio delle opere sue buone – da quel tempo in qua nel quale erano cessati di quelli rispecti che havevano indocto necessità – el Papa, lo oratore di Spagna et di Napoli et alcuni altri cardinali, e’ quali potevano fare pienissima fede di quanto sua Signoria haveva procurato in satisfactione delle vostre Signorie et perché quelle ritornino in possessione delle cose loro. Et harebbe facto molto più se non fusse stata la infirmità sua, ma che si sforzerebbe ristorare el tempo passato, confortando le Signorie vostre a sperare bene, perché, da chi teneva in mano in fuora, tucti li altri la intendevano a uno modo. Et da ultimo si offerse caldissimamente alle Signorie vostre; et io non ne potrei scrivere tanto fusse a bastanza.Ringratiai la sua reverendissima Signoria el meglio che io seppi et mi sforzai lassarla bene edificata et persuasa che tucta la città havesse collocata ogni sua fede et speranza nella reverentia del duca et di sua reverendissima Signoria, rachomandando et offerendo etc. Et io sapevo, per essermi ritrovato in facto rispecto allo offitio che io tengho apresso le Signorie vostre, che quelle hanno del continuo acceptato in buona parte tucti li progressi della excellentia del duca, || né mai hanno potuto stimare che non habbi facto ogni cosa a buono fare et con singulare prudentia et maturità; et che se le loro Signorie hanno favorito et sono per favorire le cose nostre, come le Signorie vostre lo veghono per experientia, non è partito fuora della expectatione et speranza della città, perché così vuole ogni ragione et la fede che hanno le Signorie vostre in loro, oltre allo esserci el comune interesse et beneficio di tucta Italia. Et anchora perché quanto ^più^ la reputatione et le forze alla città saranno maggiore, di tanto più si potranno valere le Signorie loro in ogni occorrentia. Et la sua reverendissima Signoria dixe così essere la verità, concludendomi, tuctavolta, che non dubitava che le cose di cotesta Repubblica non havessino a sortire el fine desiderato et conveniente alla ragione. Et così mi licentiai dalla sua reverendissima Signoria.Appendice 2: Dispacci inediti autografi di Machiavelli (1501)

  • Andrea Guidi

DOI
https://doi.org/10.4000/laboratoireitalien.560
Journal volume & issue
Vol. 9
pp. 233 – 272

Abstract

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S’appuyant sur un important corpus de textes inédits, l’auteur confronte les écrits de gouvernement de Machiavel à la correspondance des autres fonctionnaires de chancellerie. Il met ainsi en évidence, dans la langue de la chancellerie florentine, la présence de deux éléments linguistiques qui caractérisent fortement les écrits machiavéliens plus tardifs : l’un est lié au concept d’« expérience », l’autre au thème de la « qualité des temps ». Les corrélations établies entre les lettres de Machiavel et celles des autres secrétaires prouvent que le discours politique machiavélien le plus abouti est en partie débiteur d’un patrimoine conceptuel et linguistique commun, celui des écrits de chancellerie compris entre 1494 et les premières années du xvie siècle. Toutefois, l’usage particulier que fait Machiavel de certaines expressions générales dans ses écrits de gouvernement explique aussi comment, dans le laboratoire de la chancellerie, il a réussi, en les employant de façon entièrement nouvelle, à mettre en pratique une espèce d’expérimentation des formules typiques de la langue commune de la chancellerie.