Axon (Jun 2018)

Dedica votiva del mercenario Pedon

  • Barbaro, Nicolò

DOI
https://doi.org/10.30687/Axon/2532-6848/2018/01/002
Journal volume & issue
Vol. 2, no. 1

Abstract

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Nella città ionica di Priene, nella prima metà del VI sec. a.C., Pedon figlio di Amphinneo, mercenario greco al servizio dei faraoni della XXVI dinastia, dedicò una statua-cubo egiziana. Non ci è noto se tale statuetta fosse posta in un particolare santuario, in quanto fu ritrovata, verso la fine degli anni ’80, in una grotta nei pressi della stessa Priene. Questa statua-cubo, acefala e mancante dei piedi e del basamento, secondo alcune particolarità stilistiche, è databile al regno di Psammetico I (664-610 a.C.), che assoldò uomini Greci e Carii, come mercenari, per dare unione e stabilità al proprio regno. L’iscrizione, che si trova sulla parte anteriore della statuetta, è bustrofedica e consta di nove linee contenenti la tipica formula del dedicante e degli accenni autobiografici, come era solito nell’uso di questo tipo di scultura da parte degli Egizi; su quest’ultima parte dell’iscrizione, Pedon nomina il faraone sotto cui ha prestato servizio come mercenario, Psammetico (Ψαμμήτιχος), e i particolari doni dati a lui dal faraone, un bracciale d’oro (ψίλιον τε χρύσεογ) e una città (πόλιν), riconducibili ad alcune particolarità della cultura regia sia egizia che persiana. Un confronto dei caratteri paleografici dell’iscrizione la data invece al regno di Psammetico II (595-589 a.C.), quarto sovrano di questa dinastia, che fece anch’egli grande uso di mercenari greci nel proprio esercito, in particolare durante una spedizione in Nubia, a noi nota dall’opera di Erodoto e dai graffiti lasciati da questi greci ad Abu Simbel. Al dilemma sull’identità del faraone citato nell’iscrizione e alla conseguente datazione della stessa, si sono spesi numerosi studi che hanno sostenuto l’uno o l’altro faraone, fino ad un’ipotesi finale che mette d’accordo entrambe le teorie: il mercenario Pedon avrebbe servito il faraone Psammetico I e, dopo aver acquistato la suddetta statua, sarebbe tornato in Ionia, dove avrebbe inciso l’iscrizione e dove secoli dopo la statuetta è stata ritrovata.

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