Between (Oct 2013)

Widow, Whore, Saint. Judith as a Figure of Desire (XVIth, XVIIth and XVIIIth Century)

  • Paola Cosentino

DOI
https://doi.org/10.13125/2039-6597/957
Journal volume & issue
Vol. 3, no. 5

Abstract

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Nota è la storia della biblica Giuditta, seduttrice e poi omicida per conto di Dio: il generale degli assiri, Oloferne, ha assediato Betulia e la bellissima vedova offre se stessa per salvare la città. Abbigliata con grande sfarzo, uscirà di notte dalle mura, raggiungerà l’accampamento nemico e, dopo aver conquistato l’ignaro comandante, lo ucciderà a tradimento durante il sonno. La pregnanza semantica di una figura come quella della betuliense è dunque particolarmente evidente: la «vedovetta» di petrarchesca memoria incarna, infatti, un prototipo eroico particolarmente complesso, poiché, se da un lato, esso evoca la vittoria del debole sul forte (secondo la vulgata tradizionale), dall’altro, diviene progressivamente emblema di forza e di trasgressione femminile contro la protervia maschile, ben rappresentata da quell’Oloferne che, vinto dall’ebbrezza e dalla concupiscenza, finirà sotto i micidiali colpi della sua spada. Giuditta, protagonista di una fabula di grande potenza narrativa, è dunque una perfetta figura del desiderio: elementi fondanti della storia sono Amore e Morte, seduzione e castrazione, inganno mulìebre, perpetrato grazie all’arte della parola, ed insipienza virile di fronte all’eccezionale bellezza della donna. Nel percorso qui proposto, si evidenziano le profonde somiglianze esistenti fra il personaggio tassiano di Armida, emblema di seduzione entro il campo nemico, e quello biblico di Giuditta. Due “feticci”, due “oggetti” del desiderio maschile destinati ad interpretare la medesima parte (ma con esiti diversi, evidentemente). Lo sguardo si allarga poi all’Europa, con particolare attenzione alla produzione francese, riformata e cattolica (dal poema Judit del Du Bartas fino all’Holoferne. Tragédie sacrée extraite de l’histoire de Iudith dell’ecclesiastico Adrien d’Amboise), infine si analizza il rapporto fra parola e immagine all’interno della tragedia Iudit redatta dall’astigiano Della Valle, ove la nascita del desiderio (in Oloferne) coincide con la descrizione di una vestizione mulìebre rimasta celeberrima. La purezza, la fede senza titubanze, l’incontaminata virtù della vedova biblica saranno riprese, all’inizio del Settecento, dalla Betulia liberata di Metastasio, capace di creare un nuovo modello di eroina, che tuttavia non avrà eredi. Nei secoli della modernità, infatti, l’immagine di Giuditta si ergerà ad icona potente di femminilità castratrice e sarà quindi destinata a confondersi con il mito di Salomé, anche grazie a celebri interpretazioni freudiane a noi più vicine.

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