Actes Sémiotiques (Jul 2022)

Iconoclastie del sé. Pratiche della verità e ideologia della rappresentazione nell’arte comportamentale di Marina Abramović

  • Maria Cristina Addis

DOI
https://doi.org/10.25965/as.7796
Journal volume & issue
no. 127

Abstract

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Il contributo tenta di sondare alcune delle questioni estetiche e biopolitiche sollevate dalla performance art elaborata da Marina Abramović nel corso di più di cinque decadi, concentrandosi sulle forme di istituzione dell’artista/performer come soggetto di verità e dell’arte della performance come pratica del dire-il-vero.Insieme macchina estetica coercitiva e progetto esistenziale, l’arte del comportamento (Abramović 2012) sembra riattivare negli spazi mondani dell’arte contemporanea alcune antiche pratiche del sé che trovano matrice nella parrēsia, figura di verità rubricata da Michel Foucault fra le aleturgie, forme tramite cui l’individuo si rappresenta a se stesso ed è riconosciuto dagli altri come veritiero. Il titolo, Iconoclastie del sé, condensa i meccanismi e gli effetti di un dispositivo enunciazionale imperniato sulla costruzione e distruzione di immagini di soggetto che offendono e suscitano violenza, figurano la lacerazione del sé e disgregano lo sguardo, esibiscono gli stati e i moti di corpo e coscienza e mobilitano il ‘mondo interiore’ dell’osservatore al punto di condurlo a interrompere la performance. Lo studio propone l’analisi comparata di alcune opere – le cinque performance che compongono il ciclo Rhythm (1973-74) e The Artist is Present (2010) – la cui distanza cronologica, tematica ed espressiva meglio evidenzia la comune logica figurale e tensiva che struttura e modella di volta in volta il processo di “teatralizzazione del principio di non dissimulazione” (Foucault 2009) incarnato dal corpo performativo e la teoria dell’individuo ad esso sottesa.

Keywords