Hystrix, the Italian Journal of Mammalogy (Jan 2005)
La conservazione dell'Orso bruno (<em>Ursus arctos</em>) in Appennino: il supporto della genetica non invasiva
Abstract
<strong>Abstract</strong> <strong>Conservation of the brown bear <em>Ursus arctos</em> in the Apennines: a noninvasive genetic approach</strong><br> Molecular techniques were used to assess individual identification for 24 brown bears (<em>Ursus arctos</em>) from the Apennine population through noninvasive sampling. Shed hairs were collected and used as a source of DNA to derive single genotype profiling at 12 microsatellite loci. Genotypes of 11 bears were obtained from tissues or blood of dead or caught animals. Average expected heterozygosity (H<sub>E</sub> = 0.432) and mean number of alleles per locus (n<sub>A</sub> = 2.1) showed that the level of genetic diversity was one of the lowest recorded for brown bear populations across their European and North American ranges. A large portion of the original genetic variation may have gone lost through random genetic drift during the recent period of isolation. However, the level of genetic variability proved sufficient to identify the bears individually using 9 microsatellite loci. The probability that two animals shared by chance the same multilocus genotype was estimated to be 1 in 100. Lack of genetic diversity, as well as the maintenance of an adequate effective number are alarming and may seriously jeopardize the long-term survival of this population. Furthermore, high mortality rates, poaching and encroachment with human activities represent immediate, urgent concerns. In a conservation perspective, we suggest to implement protection and enforce habitat restoration for a natural increase of the population. Presently, restocking with bears from other source populations should be discouraged to avoid genetic extinction of the resident bears. Noninvasive sampling provided reliable population and individual genetic data without disturbing the animals, and microsatellite genotyping proved a valuable genetic tagging method and a feasible alternative to conventional field counts. <strong>Riassunto</strong> Ventiquattro individui di orso bruno (<em>Ursus arctos</em>) appenninico sono stati identificati singolarmente attraverso metodi molecolari, a partire da campioni raccolti con tecniche non invasive. Il DNA è stato estratto dalle radici di peli recuperati sul campo e il genotipo composito di ogni orso è stato ottenuto analizzando 12 loci microsatelliti. I genotipi di 11 individui sono stati determinati isolando il DNA da tessuti e sangue di animali morti o catturati. I risultati hanno evidenziato che la variabilità genetica di questa popolazione (eterozigosi attesa H<sub>E</sub> = 0,432, numero medio di alleli per locus n<sub>A</sub> = 2,1) è tra le più basse mai rilevate per l'orso bruno europeo e nord americano. Gran parte della variabilità originale è stata probabilmente perduta per effetto della deriva a causa dell'isolamento e dei colli di bottiglia subiti in passato. Tuttavia, la variabilità genetica residua della popolazione si è rivelata sufficiente per poter identificare individualmente gli orsi, tramite l'analisi di un minimo di 9 loci microsatelliti. Da questa analisi è risultato che la probabilità di trovare due animali diversi che abbiano casualmente lo stesso genotipo è di 1 su 100. Il basso livello di variabilità genetica, così come la ridotta dimensione effettiva sono aspetti assai preoccupanti che potrebbero minacciare la sopravvivenza a lungo termine della popolazione di orsi nell'Appennino. A questo proposito, non sono inoltre da sottovalutare l'alta mortalità, il bracconaggio e il conflitto con le attività umane, che rappresentano attualmente seri e urgenti problemi da risolvere. In un'ottica di conservazione, si suggerisce di favorire l'aumento della popolazione esistente attraverso l'implementazione di misure di conservazione più efficaci e attraverso la corretta gestione dell'habitat. Allo stato attuale, si sconsiglia vivamente di effettuare immissioni di orsi da altre popolazioni, per evitare l'estinzione genetica della popolazione autoctona. Il campionamento non invasivo ha permesso di raccogliere dati genetici a livello di singolo individuo e di popolazione senza arrecare alcun disturbo agli animali, e l'analisi dei loci microsatelliti in particolare si è dimostrata un valido metodo per "marcare" gli orsi in alternativa ai metodi tradizionali di conteggio.
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