Diacronie. Studi di Storia Contemporanea (Jul 2010)

Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti. Dall’ambigua tessitura all’operazione Mori, i maxiprocessi e la storia di una «tenebrosa associazione»

  • Pierluigi BASILE : dottore magistrale (Master’s degree) in Storia europea all’Università degli Studi di Palermo (2008) è attualmente dottorando di ricerca (PhD Student) in Storia presso l’Università di Roma Tre. Vincitore di un concorso per laureati nelle università siciliane indetto dal Centro di studi ed iniziative culturali “Pio La Torre” (2006). Diplomato in archivistica, paleografia e diplomatica ha collaborato all’attività di descrizione e inventariazione (cartacea ed elettronica) del patrimonio conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo. Ha inoltre collaborato al progetto di ricerca di storia orale La memoria e il lutto: la strage di Portella della Ginestra nel vissuto dei protagonisti promosso dall’Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali (Imes). Autore della monografia Le carte in regola. Piersanti Mattarella, un democristiano diverso (Palermo, 2010²). Nel corso delle sue ricerche si è occupato di storia sociale e politica della Sicilia contemporanea, studiando in particolare il rapporto tra mafia e potere politico tra età liberale e fascismo, la Democrazia Cristiana e la politica regionale tra gli anni Cinquanta e Settanta.

Journal volume & issue
Vol. 2, no. 2
pp. 1 – 16

Abstract

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Nel 1925 con l’arrivo a Palermo del “prefetto di ferro” Cesare Mori si apriva una stagione di lotta alla mafia che non aveva precedenti nella storia del paese e che per l’intensità e l’energia impiegate nell’operazione repressiva e la mobilitazione propagandistica segnò un’epoca e rimase al centro della discussione pubblica anche a distanza di molto tempo. In realtà i rapporti tra mafia e fascismo prima di allora erano stati molto più complessi e nella stessa campagna antimafia degli anni Venti il contrasto alle associazioni criminali e le finalità politiche del regime si mescolavano e si sovrapponevano, come risultò evidente anche nel corso dei maxiprocessi celebrati dopo le “grandi retate” compiute in tutta la Sicilia.

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